Ettore Mo, fino agli anni '70, scrive recensioni di musica e teatro per il «Corriere della Sera», finché ottiene dal direttore di seguire il ritorno al potere di Khomeini. Cameriere a Parigi e Stoccolma, barista nelle Isole della Manica, bibliotecario ad Amburgo, insegnante di francese (senza titoli, naturalmente) a Madrid, infermiere in un ospedale per incurabili a Londra e infine steward di prima classe su una nave della marina mercantile britannica, Ettore è un cittadino del mondo che ama le sfide. Così, nel '79, riprende la valigia e parte. È l'inizio di una cronaca lunga trent'anni, in presa diretta dall'Iran come da Sarajevo, passando, soprattutto, per l'Afghanistan, terra difficile per i corrispondenti, intessuta di grandi reportage, pericoli mortali e amicizie profonde. Ettore Mo diventa così uno dei reporter di guerra più conosciuti e rispettati nelle zone di conflitto e in patria, ottenendo l'onorificenza di Grande Ufficiale Ordine al merito della Repubblica Italiana. Tra i suoi libri: Sporche guerre (Rizzoli 1999), Gulag e altri inferni (Rizzoli 2001), Treni (Rizzoli 2004), Ma nemmeno malinconia (Rizzoli 2007). |