Approfondimento Su “Codice Canalini” di Giulio Milani su Alias (Il Manifesto)

Transeuropa Edizioni Recensione Approfondimento Su “Codice Canalini” di Giulio Milani su Alias (Il Manifesto)

Articolo di Gianluigi Simonetti

«Codice Canalini», dalla ribellione alla norma

Amate sponde Un «instant book» scritto dall’allievo e erede di Massimo Canalini, Giulio MilaniSalvaRegalaLinkCondividiScarica

La morte di Massimo Canalini, lo scorso settembre, è arrivata in un momento particolare dell’editoria di narrativa italiana: se n’è andato un artigiano, a suo agio nell’improvvisazione, proprio quando si afferma un’industria che lascia invece sempre meno al caso. Anche per questo, forse, l’evento ha prodotto emozioni e ricordi, alimentati adesso da Codice Canalini, l’instant book che il suo allievo e erede, Giulio Milani, ha scritto per ricordarne la figura e la storia. Effettivamente, a Canalini questo libro somiglia un po’: generoso ma confuso, vivace ma infingardo, ossessionato dal «vissuto» e dall’«autenticità», tentato dal successo e dalla fretta. Indipendente, trasgressivo, punk – un po’ per scelta un po’ per necessità, un po’ per estetica e un po’ per vocazione; eppure inconsciamente affine (in quell’ambito non del tutto razionalmente controllabile e proprio per questo sempre sincero che è lo stile) a un senso della forma e del ‘caso’ letterario che ha fatto in tempo a diventare mainstream.

Proprio durante gli anni che hanno segnato la parabola di Canalini. Vediamola allora, la parabola in questione. Studente di filosofia a Macerata, influenzato dalla figura intellettuale di Joyce Lussu (che viveva poco lontano, a Porto Sant’Elpidio), nel ’79 Canalini fonda una piccola casa editrice, Il lavoro editoriale: il nucleo di quella che nell’87 diventerà Transeuropa. Durante il servizio militare legge Pao Pao di Tondelli, che parla della stessa esperienza (la leva di uno scrittore, giovanissimo ma già di successo, a sua volta attratto dal rock e dalla controcultura). Tondelli e Canalini s’incontrano, collaborano, cavalcano l’epoca di una nuova creatività di massa nella quale pochi leggono ma tutti vogliono scrivere, la letteratura si mescola a linguaggi più nuovi e aggressivi (il rock, il cinema, poi la tv), i consumi culturali li dettano i giovani. È, in embrione, la fase che ancora viviamo: quella in cui emozionare conta più che conoscere, il ‘sound’ sostituisce lo stile, scrittore e personaggio si confondono nella ‘storia vera’. «La letteratura è solo un pretesto, quello che cerco sono le persone».

Per Canalini Tondelli promuove alcune antologie di giovani narratori («Under 25») che a fine anni Ottanta lanciano nomi promettenti e apprezzati (Silvia Ballestra, Romolo Bugaro, Andrea Canobbio tra gli altri) e danno al marchio una visibilità nazionale. Non è propriamente l’inizio della filiera industriale del ‘giovane scrittore esordiente’ – il battesimo risaliva ai fasti critici e commerciali di Altri libertini, nel 1980, preceduto da Boccalone di Palandri e seguito da De Carlo (Treno di panna) e Aldo Busi (Seminario sulla gioventù). Non ne è la fine, perché Transeuropa metterà a profitto una terza ondata di giovani, a metà anni Novanta, sfruttando in particolare il caso Brizzi (Jack Frusciante è uscito dal gruppo). Semplicemente il processo, nel nuovo millennio, verrà gestito direttamente dai gruppi più grandi, col sangue fresco degli indipendenti.

Passaggio decisivo, nel ’96, la nascita di «Einaudi Stile Libero», con Paolo Repetti e Severino Cesari prelevati da Theoria (di lì a poco inventeranno i ‘cannibali’). Mentre Canalini, racconta Milani, sia pure sondato «rifiutò questo invito»: per lui quel progetto era uno «Stile Libro», destinato a sfornare quasi-libri, libri a metà, caricature di libri. Leggenda vuole che Canalini fosse editor intrusivo, capace per i suoi autori di riscrivere se non proprio scrivere pagine e capitoli interi, un po’ saccheggiando i suoi classici (soprattutto Hemingway e Salinger), un po’ imponendo modelli di successo (soprattutto Carver). Sarebbe divertente, se non ricordasse, oggi, l’opera ‘collettiva’ che con metodi meno ruspanti ma esiti non troppo dissimili si cucina talvolta nelle redazioni di case editrici, scuole di scrittura e agenzie letterarie. Codice Canalini si può leggere in due modi diversi: come l’elegia di un passato ribelle e scomparso, o come il mito fondativo di un processo in corso, che trasforma la ribellione in norma. Forse senza volerlo, forse senza rendersene completamente conto, di sicuro senza poterlo ammettere.

Alias Domenica, 2.02.25

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