Intervista di Tommaso Giartosio a Giulio Milani per Rai Radio 3 Fahrenheit

Transeuropa Edizioni Recensione Intervista di Tommaso Giartosio a Giulio Milani per Rai Radio 3 Fahrenheit

Tommaso Giartosio: Abbiamo detto che il filo conduttore di questo pomeriggio di Fahrenheit può essere l’idea di coabitazione in tanti sensi diversi. Uno di questi sensi lo troviamo se parliamo di Pier Vittorio Tondelli. Ieri era il settantenario della sua nascita, il 14 settembre del 1955. Coabitazione perché coabitano diverse immagini di Tondelli nel nostro immaginario ma anche per esempio nella critica letteraria. Questo succede con molti autori ma nel suo caso forse in modo particolarmente forte e stridente. Ma potremmo anche parlare delle tante coabitazioni che sono narrate nei romanzi e nei racconti di Tondelli, comprese quelle militari di Pao Pao. A questa figura di autore e anche direi con una passione straordinaria ha dedicato un libro Giulio Milani. Buon pomeriggio Milani grazie per averci raggiunti.

Giulio Milani: Buon pomeriggio grazie a voi.

Tommaso Giartosio: È un libro dedicato a Tondelli, quasi nel senso inglese dedicated, cioè investito completamente su questo scrittore. Si intitola Codice Tondelli, la pagina è pelle della parola del desiderio ed è pubblicato da Transeuropa che tanto ha a che fare con la storia di Tondelli stesso. Inizia con un pellegrinaggio, un pellegrinaggio a Correggio nei luoghi tondelliani, come mai?

Giulio Milani: Perché appunto in occasione del settantenario, insieme ad altri amici scrittori, in particolare Davide Bregola e Veronica Tomassini, abbiamo deciso di appunto tornare su luoghi tondelliani, che per noi sono luoghi mitologici, luoghi dove ha vissuto un autore a quale ci sentiamo particolarmente legati e omaggiarlo nel libro. Il prologo è proprio questo soggiorno, questa trasferta che facciamo in un giorno torrido del giugno di quest’anno per andare a mettere un fiore sulla tomba, perché Tondelli è stato un grandissimo scrittore che purtroppo però è stato con noi poco tempo, soltanto un decennio: è morto a 36 anni e quindi quello che ci resta adesso è un’indagine sui testi, un’indagine sulla critica, un’indagine sulla pagina appunto, che è quello che ho cercato di fare con il libro.

Tommaso Giartosio: Infatti è un libro fitto di testimonianze, di persone che hanno incontrato Tondelli e ho l’impressione che ovviamente alcune hanno parlato nel corso degli anni, ma tante altre lei le ha trovate forse per la prima volta?

Giulio Milani: Sì, ci sono diverse testimonianze inedite, per esempio quella di Ugo Marchetti che è stato suo editor in Bompiani, compare qui per la prima volta perché non era mai stato mappato come personaggio che in realtà ha avuto un ruolo importante, specie poi per la produzione postuma, perché comunque Tondelli gli ha lasciato delle indicazioni per la pubblicazione de L’abbandono e di Dinner party, insomma di tutte quelle cose che sono state pubblicate dopo la sua morte ma anche nel 1990-91 ai tempi de Un weekend postmoderno. Poi ci sono testimonianze di amici, di commilitoni che compaiono qui per la prima volta, cioè le persone con le quali Tondelli aveva fatto il militare nel 1980 a Roma e a Orvieto e poi le persone che lo hanno ospitato quando stava preparando l’edizione di Altri libertini, quindi a Milano.

Infine ci sono le convivenze bolognesi, le convivenze fiorentine e quelle poi milanese, quindi tutta una «fauna», per usare un’espressione che era cara a Pier Vittorio, una «fauna d’arte», di letteratura, che qui parla per la prima volta.

Tommaso Giartosio: Il modo in cui lei stesso descrive, Giulio Milani, questo libro non è come una biografia di Tondelli, ma neanche un saggio sulla sua letteratura, anche se si trovano considerazioni critiche, riassunti e ovviamente vicende di vita, ma parla di un libro che vuole essere ed è un «contagio», una forma di contagio. Questo fa pensare in particolare alla pagina, al capitolo in cui lei descrive l’effetto che ha avuto su di lei Altri libertini, quando l’ha letto per la prima volta, la raccolta di racconti che gli diede una fama che poi sarebbe cresciuta nel 1980.

Ecco, quale fu questo effetto?

Giulio Milani: L’effetto di scoprire per la prima volta un autore che senti come un amico, un familiare, qualcuno che ti sta raccontando la tua stessa esistenza quasi in tempo reale, pur avendo vissuto dieci anni prima, otto anni prima come nel caso, perché io l’ho letto nel 1988 e racconto questo shock che è stata la lettura di Altri libertini perché proprio mi ha aperto un mondo ideale e letterario. Poi dopo io ne seguirò in qualche modo le tracce, racconto anche di questa trasmigrazione di questo mito letterario nell’ambito della mia esistenza e credo che allo stesso modo abbia influenzato e “condizionato” in senso positivo anche la vita di molti altri scrittori che sono venuti dopo di lui e che hanno arricchito e in qualche modo creato un po’ il mito di Tondelli. Questo mito non è fatto solo dei testi che Pier Vittorio ha scritto ma anche della devozione, come la chiamo, che si è creata nell’ambito della ricezione critica.

Tommaso Giartosio: Lei è parecchio più giovane di Tondelli, quasi un ventennio, 15-20 anni, quando si parla con grande passione critica vorrei dire della generazione, c’è addirittura un libro intitolato Tondelli e la generazione ma sembra veramente un autore molto legato a una dimensione generazionale ma è una dimensione generazionale ei nati negli anni 50 oppure ha a che fare con la generazione successiva in realtà?

Giulio Milani: Io uso una battuta e dico che è «un beat che non ha fatto in tempo a diventare un boomer», però è così, è qualcuno che parla a più generazioni perché appunto lo dice lui stesso nella sezione dedicata all’under 25 del Weekend postmoderno ossia riguardo alla selezione di giovani autori che lui fa per la prima volta in Italia aprendo le porte a questi ragazzi, lui dice che la giovinezza non è una questione anagrafica, ma «bisogna avere 20 anni nella lingua»; quindi la sua appartenenza ad una generazione non è di natura anagrafica, è di natura letteraria, è di natura spirituale, ideale, non è quindi l’essere giovani per sempre, ma è interpretare in forme giovani di curiosità, di attenzione, di passione le proprie vocazioni. Questo libro come quello precedente si chiama Codice, Codice Canalini, Codice Tondelli perché c’è un libro dietro, più importante probabilmente, che si chiama Il Codice dell’Anima di James Hillman nel quale appunto si fa riferimento a cosa sono le vocazioni, a qual è il rapporto con gli invisibili e Tondelli è uno che ha tenuto questo rapporto con gli invisibili molto presente, tant’è che ricordo in Biglietti agli amici, questo libro-sciarada, questo libro dedicato a pochissimi, con pochissimi esemplari eccetera, aveva le tavole angeliche, quindi è una persona, è uno scrittore molto particolare da questo punto di vista e si fa fatica a considerarlo generazionalmente, tant’è che, e lo scrivo nel libro, divenne famoso per Altri libertini come una specie di interprete della generazione del ’77, ma lui si è sempre trovato meglio con la generazione successiva, cioè quella del cosiddetto riflusso nel privato, i ventenni appunto che pubblica nelle antologie Under 25 e che sentiva più vicini a una stagione dove l’ideologia per esempio lasciava spazio a questioni più intime di ragionamenti e discorsi che poi sono quelli che lui porterà alla maturità in libri come Camere Separate, che è il suo capolavoro.

Tommaso Giartosio: Questo ci porta anche ad un’altra questione che ha a che fare con la generazionalità di Pier Vittorio Tondelli, cioè sul rapporto con l’omosessualità, perché per un verso, e lei ne parla Giulio Milani in Codice Tondelli, lui segna un passo, un distacco rispetto a una generazione di scrittori gay precedente, perché in Tondelli non c’è il dramma, perché c’è l’ironia, perché c’è la voglia di vivere e al tempo stesso però c’è poi una forte riluttanza a riconoscersi in un’identità, a raccontare se stesso in prima persona, è una persona molto discreta e poi c’è quel passaggio dell’ultima parte della sua vita che è stato anche molto discusso, molto criticato a volte. Ecco, che idea di omosessualità e di possibilità, diciamo di vivibilità omosessuale aveva Tondelli?

Giulio Milani: Lo dichiara in un libro che è un titolo manifesto che è Camere separate, però attenzione, non ne fa una questione politica in senso ampio, è il suo modo di vivere l’omosessualità, perché comunque è il suo modo di vivere l’arte, e io cerco di spiegarlo questo, cioè anche tutti i rapporti amorosi che ha avuto, quelle che chiamo le «Serial Love Stories» di Tondelli, sono tutti amori seriali che hanno delle caratteristiche molto simili, per esempio il fatto che il proprio partner fosse condiviso proprio in senso di coabitazione con una ragazza, con una donna, c’erano sempre questi triangoli maschio-maschio-femmina: ecco, lui in realtà aveva con questi ragazzi un rapporto più da pigmalione, era una persona che cercava in qualche modo di tirare fuori appunto le vocazioni di questi ragazzi, li percepiva, gli faceva capire che qualcuno aveva colto il loro talento e li coltivava in questo senso, quindi non erano proprio amori ordinari, erano amori letterari, erano amori che facevano parte del suo modo di vivere, che era un modo da “monaco trappista” come è stato anche definito; però questo non toglie il fatto che la sua figura sia stata molto rilevante nell’ambito dell’omosessualità italiana, perché con proprio con un libro che è Pao Pao, con la lingua di Pao Pao, lui costruisce la prima comunità queer italiana, gli dà un linguaggio, gli dà una dignità, gli dà una cittadinanza e lo fa tra l’altro in maniera anche eversiva e paradossale all’interno di una configurazione in cui non te la aspetteresti come quella del servizio militare, quindi dentro quegli obblighi, quell’autoritarismo, anche quella mascolinità tossica, diremmo con una terminologia attuale – e lo va a sminare dall’interno quel periodo, quella stagione infernale che appunto era la leva obbligatoria attraverso questa costruzione parodistica dove anche l’omosessualità diventa la chiave per incendiare, per così dire, la caserma, per dare fuoco alla caserma in senso simbolico, in senso naturalmente festoso, perché poi Pao Pao è una festa, è una festa del linguaggio, è una festa degli affetti, dell’affettività e quindi da questo punto di vista lui ha avuto un ruolo fondamentale anche per l’acquisizione dei diritti degli omosessuali.

Io di queste cose parlo, parlo anche del come è cambiata, come cambia la cultura omosessuale tra diciamo gli anni 60-70 quando arriva Tondelli e come anche nascono diciamo delle coabitazioni, per ritornare all’argomento della puntata, tra omosessuali che in una fase precedente si schifavano tra loro perché appunto racconto che prima non c’erano le comunità, non c’era la comunità omosessuale e gli omosessuali puntavano invece a conquistare l’attenzione degli eterosessuali. A questa fase precedente segue una fase in cui invece gli omosessuali cominciano a riconoscersi tra loro. Questo avviene negli anni 60 e negli anni 70 in America e poi avviene negli anni 80 proprio dichiaratamente con Tondelli che infatti firma Pao Pao da Bologna, dove inizia una convivenza con Beaujean che poi è già Gian Domenico Sozzi, che è appunto uno di questi ragazzi conosciuti durante il servizio militare e lì cambia tutto.

Tommaso Giartosio: Sicuramente prima le convivenze erano qualche cosa di spesso molto più nascosto, ma come si coniuga tutto questo con il silenzio sull’AIDS?

Giulio Milani: Il silenzio sull’AIDS è un silenzio che lui serba quando è in vita perché non voleva né drammatizzare, visto che comunque era anche una persona molto di spirito anche di battuta, e poi si dava ancora del futuro: quando sa della sieropositività – e io poi faccio anche un po’ un’analisi storica, contestualizzo quindi spiego in che senso lui viene a sapere della morte del suo compagno per AIDS nel 1986 lo stesso anno in cui nel Natale pubblica Biglietti agli amici e sa della sua sieropositività due anni dopo, quando sta ancora scrivendo Camere separate che era invece legato al lutto alla perdita di questo ragazzo che poi si chiamava Mario Melega e che è il Thomas appunto di Camere separate. Allora lui lo dice proprio anche al suo consigliore spirituale che è padre Pierre Riches che non voleva disturbare, non voleva dare disturbo e soprattutto, non dicendolo, si voleva dare ancora un po’ di futuro perché riteneva appunto che non fosse ancora il momento di considerarsi perduto. Infatti lavora fino alla fine come se avesse davvero ancora tantissimo futuro davanti: anche questa una parte veramente interessante della sua esistenza e poi dà un mandato specifico a Pierre Riches, anche questo lo racconto, cioè quando firma due volte il suo libro degli ospiti dice “guarda lo firmo due volte lo so che non si potrebbe perché io ora sono sieropositivo e quindi il tempo è contato” e Pier Riches riceve in quel momento un mandato, tant’è che sarà lui poi a dire pubblicamente durante una delle omelie tenute tra Roma e Correggio che appunto moriva di AIDS ed erano gli anni in cui era uno stigma era considerato un atto di grande coraggio perché non se ne parlava, non lo si diceva e c’erano stati diversi morti celebri tra attori artisti e quindi naturalmente era qualcosa che rimaneva sempre sotto traccia non detto e invece lui lo dice; poi c’è la famosa copertina dell’espresso “Lui e l’AIDS” e quindi anche lì fa un’operazione che è quella di mettere la propria autorevolezza anche su questa tematica e quindi far parlare di qualcosa di cui non si parlava assumendosene per così dire la croce: è stato anche quello un grande atto politico in senso stretto.

Tommaso Giartosio: Ecco questa questione del rapporto con la politica è molto interessante. Lei sottolinea anche che un giovane Tondelli si trova a Bologna però in fondo sente di essere proprio profondamente per temperamento ma anche direi per scelta artistica altro rispetto a qualsiasi forma di militanza.

Giulio Milani: Sì, il suo impegno, la sua forma di impegno la racconta in tante interviste e consiste appunto nel dedicarsi alla scoperta dei più giovani, aprire una porta a chi ha queste ambizioni interessi vocazioni letterarie e questa è la sua forma di impegno politica in senso ampio; invece è lontano dalla generazione di Pasolini, è lontano dalla generazione del 77, ma d’altra parte anche quando frequentava l’università di Bologna era più interessato ai libri che non a quello che succedeva in piazza. Rivendica ma in qualche modo anche deve ammettere la sua inappartenenza rispetto a tutti i movimenti dell’epoca anche quando parla della Pantera dice mi ritrovo qui nel 1990-91 a vedere me stesso sempre escluso tagliato fuori da questi movimenti perché non mi ci sento dentro… Tondelli è proprio l’inappartenenza per statuto, quindi da questo punto di vista non poteva essere politico come lo intendiamo oggi, non era un impegno di corrente, di partito, era un impegno profondamente letterario però, essendo appunto profondamente letterario, riusciva poi a raggiungere delle superfici che invece guadagnavano lo statuto di fatti politici.

Tommaso Giartosio: In Codice Tondelli lei parla appunto della giovinezza e per esempio di Bologna, dà una grande centralità all’omicidio di Francesca Alinovi e al cambiamento di clima anche di clima culturale che ha portato con sé. Ecco la scrittura di Tondelli ha accompagnato questo cambiamento è stata, la metto in un modo un po’ secco, un elemento di quella tendenza al riflusso ma anche al postmodernismo che ha caratterizzato gli anni 80?

Giulio Milani: Di fatto possiamo considerarlo come la figura principale del postmodernismo italiano insieme magari a Umberto Eco. Lui per altri giri per altre modalità però lo è stato: se pensiamo un libro come Rimini, che appunto è il libro successivo a Pao Pao, allora lì c’è un cambio di rotta importante no anche nella lingua che utilizza. Sì effettivamente c’è un prima e c’è un dopo Francesca Alinovi: lo riconosce lui stesso perché è il momento in cui sente che “la festa è finita” dove per “festa” si intende quel clima anche euforico di ricerca, di sperimentazione che c’era tra Bologna e Firenze più Bologna che Firenze, Firenze viene in un secondo momento – infatti un po’ l’abbraccia come una novità più in linea forse anche con gli anni 80 – però ecco la Bologna di Andrea Pazienza, degli Skiantos ma anche dei CCCP, di Ferretti, quindi quel mito dell’autodistruzione forse accarezzato anche un po’ troppo… Ecco, queste cose qui finiscono molto male con l’omicidio di Francesca Alinovi, che poi tra l’altro non è l’unico omicidio che avviene in area DAMS, come racconto, tant’è che all’epoca si parlò di un serial killer: non ho approfondito, però ho usato una metafora dicendo che forse il serial killer era questo mito dell’arte come mito assoluto al quale sacrificare qualunque cosa, a volte l’esistenza stessa, e nello stesso tempo l’arrivo di quell’altro serial killer che era l’AIDS e che ha falcidiato molti di questi ragazzi sia per la questione dell’omosessualità ma molto di più per l’eroina e le siringhe infette.

Tommaso Giartosio: C’è un’altra questione che attraversa tutto il suo libro, Giulio Milani, che è quella proprio dell’idea di scrittura. All’inizio lei dice la scrittura non è mestiere la scrittura è febbre abbiamo già parlato anche di contagio naturalmente però poi ricordiamo Tondelli anche per il suo lavoro di curatela di Giovani Blues il suo il modo in cui cercava di trasmettere un mestiere e in effetti il libro postumo pubblicato da Transeuropa si intitola Il mestiere di scrittore: come come la mettiamo?

Giulio Milani: Tondelli rappresenta un crocevia strano perché in realtà libri scandalosi scritti da persone che non erano professionisti erano già comparsi negli anni 70 con la collana Franchi narratori, che era diretta tra l’altro da Aldo Tagliaferri, e Tondelli rappresenta un po’ un’eccezione perché scrive un libro scandaloso con Altri libertini un po’ sulla falsariga delle sperimentazioni che la neo-avanguardia aveva fatto appunto con la Franchi narratori: ricordo che Aldo Tagliaferri era anche l’editor di Tondelli proprio per Altri libertini, però nello stesso tempo Tondelli era anche uno scrittore vero, proprio nel senso che aveva mestiere, consapevolezza, struttura e anche una teoria antropologica di riferimento, per cui non si può considerare Tondelli come qualcuno che sia stato scelto dal mazzo e abbia buttato delle carte a caso: ecco, niente è a caso, anzi, è tutta una struttura diciamo d’acciaio quella costruita da Tondelli e in questo ci sta naturalmente il mestiere di scrittore e di editore nel senso che lui per questi ragazzi diventa a tutti gli effetti un editore; né lo poteva essere Massimo Canalini che il lavoro l’ha appreso da Pier Vittorio in quella fase in cui si parlava di scadenze si parlava di programmazione si parlava di dare un ordine a questi racconti che non risultasse casuale e quindi c’era tutta un’orchestrazione che Tondelli teneva perfettamente in mano; è lo stesso Tondelli che di lì a pochi anni fonda Panta quindi una rivista internazionale con il nome che gli dà Moravia insieme alla Bompiani, dove ci vengono ospitati autori di vaglia internazionale; quindi tondelli è una figura che diventa un vero e proprio maestro in Italia considerato il primo reporter musicale: si occupava di teatro di musica di attorialità di arti in generale, è stato anche quello che si è ricordato più di altri – questo lo dico sempre – da dove era arrivato cioè dal nulla e infatti è uno dei pochi che pur avendo poi guadagnato delle posizioni con la sua carriera letteraria da alleluja, si ricorda invece di essere stato un ragazzo che arrivava con un manoscritto da Correggio e cerca di rifare la stessa cosa con i ragazzi più giovani e questo è quello che naturalmente rende la sua figura irripetibile e unica all’interno anche del panorama editoriale letterario italiano cioè la sua dedizione al lavoro degli altri.

Tommaso Giartosio: Le chiederei di dirci ancora molto rapidamente per favore qualche cosa sul ruolo che ha René Girard. Qual è secondo lei il rapporto fra Tondelli e Girard?

Giulio Milani: Il rapporto tra Tondelli e Girard è quello che spiega perfettamente il tipo di cristianità e di religione interpretata da Tondelli. Si è detto tanto su questo aspetto però non si è mai messo in rapporto con un autore che invece lui teneva presente dal principio e non lo dico io: l’ha dichiarato il suo editor Aldo Tagliaferri, l’ha detto il suo relatore di tesi Paolo Bagni, lo ha ripetuto ancora una volta Paolo Landi col quale stava lavorando al libro Lo snobismo di massa ragionando su Proust e anzi sulla lettura che Girard fa di Proust e di queste cose ne parlava tranquillamente con Tondelli perché Tondelli conosceva Girard: addirittura lo leggeva in francese quindi che Tondelli conoscesse Girard è assodato, che lo abbia addirittura applicato nell’opera cioè che sia una specie di agente o reagente dell’opera io in qualche modo lo dimostro mettendolo in rapporto con la sua poetica, con quelle che sono le caratteristiche proprio del suo modo di scrivere, la questione del capro espiatorio, dei reietti, degli ultimi, degli oppressi, le modalità di costruzione di tutti i suoi romanzi e racconti, compreso Rimini, nei quali si ha sempre la sensazione che possa prendere una brutta piega ma poi non la prende perché la letteratura cristiana è salvifica, salva il personaggio a rischio di fare una brutta fine. Nella poetica di Tondelli viene sempre salvato e questa è un’operazione chiaramente di stampo girardiano. Qualcuno mi dice che non lo riesco a dimostrare, ma io non lo devo dimostrare: è qualcosa che è stato performato e poi lui naturalmente non lo ha detto perché era come dire appunto l’ingrediente segreto che doveva rimanere tale; noi ci siamo arrivati per una serie di coincidenze che pure racconto in Codice Canalini, però è assodato, credo che debba essere messo al centro della questione anche della cristianità di Tondelli il rapporto con la teoria mimetica girardiana perché spiega tantissime cose, spiega sia la sua poetica sia proprio anche la sua prospettiva di strano cristiano laico razionale; questo non si riesce a capire se non appunto mettendolo in relazione con l’opera di questo grande pensatore del secondo Novecento.

Tommaso Giartosio: Bene io le ringrazio molto Giulio Milani, si è capito che c’è materiale su cui riflettere in questo Codice Tondelli pubblicato da Transeuropa nel settantenario della nascita dello scrittore. Grazie per essere stato con noi.

Giulio Milani: Grazie a voi a chi ci ha ascoltato fin qui.

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