Recensione a Codice Tondelli per Libreriamo

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Il nuovo libro “Codice Tondelli” svela i lati più intimi dello scrittore queer italiano più ribelle. Un ritratto vivo, che riaccende il fuoco della scrittura come desiderio.

Un codice fatto di lettere, manoscritti, libri come “Pao Pao”, “Altri libertini”, “Camere separate”, ma soprattutto fatto di “ferite condivise, amori scritti e parole che ancora oggi sembrano troppo vive per essere archiviate”.

Scrivere per vivere, vivere per scrivere. Forse il “Codice Tondelli” non si decifrerà mai del tutto. Ed è giusto così. Perché Tondelli non si studia: si sente.

Si incontra in un passaggio sottolineato, in una riga che brucia sotto la pelle, in una voce che ti chiama da lontano. E allora forse la domanda giusta non è “chi era davvero Tondelli?”, ma: cosa fai oggi con la tua scrittura?

La usi per piacere, o per sopravvivere? Chi ama Tondelli conosce già la risposta.

La scrittura per Tondelli non era stile. Era “esperienza incarnata”. Scrivere significava dire tutto, fino all’osso. Fino al punto di rottura.

Le parole non erano strumenti, ma “carne viva”. “La pagina è pelle, la parola è desiderio”, recita il sottotitolo del libro. Ed è proprio questo il centro pulsante della sua opera.

In un’epoca in cui la letteratura italiana si mostrava ancora pudica, maschile e rassicurante, Tondelli portava sulle pagine l’inquietudine queer, l’amore omosessuale vissuto senza vergogna, la musica come stile di vita, la provincia come ferita e fucina.

Pier Vittorio Tondelli è stato uno dei primi scrittori italiani a raccontare apertamente il desiderio tra uomini, ma senza mai incasellarlo in un’etichetta politica o ideologica.

Era queer prima ancora che si usasse la parola. Con “Camere separate” ha dato voce a un lutto amoroso struggente, fuori da ogni cliché narrativo.

Con “Biglietti agli amici” ha reso pubbliche le sue lettere private, creando una delle opere più intime e potenti della nostra letteratura.

Eppure, il vero valore della sua scrittura non sta solo nel contenuto, ma nell’approccio radicalmente emotivo, trasgressivo e autentico. Un linguaggio che non cercava approvazione, ma verità.
Nel 2025, leggere Tondelli è come aprire una finestra sul futuro. Un paradosso solo apparente: perché la sua scrittura non è mai stata legata al tempo, ma alla vita.

In un mondo dove tutto è algoritmico, misurato e calcolato per piacere, Tondelli ci ricorda che le parole servono anche a disordinare.

I giovani lettori e lettrici oggi lo riscoprono non perché sia “di moda”, ma perché si riconoscono nella sua fame di significato. Nei suoi personaggi sbagliati, perduti, inquieti.

In quel suo modo di fare letteratura come se fosse una confessione collettiva. Il libro come rito, non solo lettura “Codice Tondelli” non è un saggio da scaffale.

È un rito da vivere. Chi lo legge non lo fa solo per sapere qualcosa in più sull’autore, ma per condividerne l’anima.

Per sentirsi parte di una comunità sparsa, irregolare, appassionata. Perché Tondelli non è solo uno scrittore: è un codice comune tra chi crede ancora nel potere salvifico delle parole.

Questo libro riapre quel laboratorio invisibile da cui è nato tutto. Dove l’identità era fluida, la parola sacra, la solitudine fertile. Dove essere “ai margini” era una forma di resistenza e bellezza.

Fonte: Lettura di Annalisa Alfonsi su Libreriamo

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