Deus ex Eboli

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Note sull'autore

Descrizione

Gino è un adolescente che osserva, in sella alla sua Aprilia, la vita di una periferia del Sud dove i fantasmi di Levi hanno lasciato il posto agli zombie di Saviano: solo in moto si sente più forte e sicuro, quasi la carenatura fosse una corazza e lui un supereroe coi raggi fotonici. Diverso è il punto di vista quando cammina sulle gambe e scegliere di farsi del male è fin troppo facile.
Una sera di fine settembre, dopo aver imboccato la strada della delinquenza, Gino è a casa e guarda un film di Massimo Troisi alla tv: sviene. Un’ischemia miocardiaca. Il Deus ex machina gli viene incontro. Ecco la nuova chance, la sua seconda vita.
La storia si snoda fitta, tra adulti incoerenti, icone sbagliate, amori incompiuti e amicizie sofferte: in questo romanzo diviso in 33 capitoli – come gli anni di Cristo –, c’è la vita che corre veloce, che ci attraversa e ci travolge nostro malgrado; c’è quel delicato incanto che proviamo quando scorgiamo un fiore lì dove non dovrebbe essere: la sua tenacia a crescere in uno sputo di sporcizia racchiude il segreto della vita, il nome stesso di un eterno impulso a risorgere.
 
Scheda critica
Cosa significa, per un ragazzo, vivere e crescere in una periferia della profonda provincia campana dove vige la legge del più forte e del più furbo, dove l’emulazione e la violenza stabiliscono le regole di un’inesauribile catena di vendette e di perdite?
Dell’ormai noto refrain sulla deriva del Sud e sui disagi dell’adolescenza come turbolenta regione di attraversamento della “linea d’ombra” verso l’età del compromesso, Gino Ciaglia racconta un “lato b” che suona canzoni dannatamente diverse dalle hit seriali che si prendono tutta la scena.
Ne emerge il ritratto di una terra che adempie e supera le allegorie di “Cristo si è fermato a Eboli”, dove la fortuna del titolo impiglia ancor oggi l’intero Meridione in una specie di coazione a ripetere sempre la stessa immobilità fatale: il dispositivo romanzesco che la ricapitola è destinato a incepparsi e a toccare, grazie alla convergenza di autore e personaggio, la verità del debole che si oppone a ogni forma di potere, compresa quella del linguaggio.

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