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Note sull'autore

Descrizione

Una setta segreta di suicidi, le Sfingi. Tutti appartenenti all’alta società, stanca e corrotta. Un funzionario del ministero degli Esteri. L’omicidio di una ragazzina, sua figlia. Un fascicolo dei servizi segreti che prova che l’uomo nato con Edipo è davvero morto: l’uomo non è più che carne da macello.
Il giovane Livio passerà suo malgrado attraverso tutto questo, e attraverso la scoperta di un Sud non corrotto, sfiorando l’amore per una quattordicenne e finendo realmente sulle acque del fiume indiano invisibile, la terza via che cercava dentro di sé.

Ispirato a una vicenda reale, un’indagine della magistratura italiana sul traffico di organi dall’India ad alcune cliniche del nostro paese, il libro stilisticamente e filosoficamente fondato di un giovane autore sulle tracce, alla maniera di “Gomorra” di Roberto Saviano, della via italiana al romanzo socio-psichedelico contemporaneo.

Un ordigno narrativo dalla trama avvincente, un viaggio apocalittico nel cuore di tenebra della coscienza occidentale, capace di emozionare e far riflettere come solo la vera letteratura sa fare.

«…a volte penso al potere dirompente delle radici di una sequoia che squarciano l’asfalto per la pressione naturale…

«…a volte penso che sia questo che sta accadendo, a Patrizio e me: stiamo canalizzando l’energia repressa e naturale di una generazione di individui a cui è stato reso impossibile respirare…
«…e a volte mi spavento di quello che vedo…»

«Delhi, Paharganj, già in quei primissimi minuti in cui avevo sporto il naso fuori dall’albergo mi aveva posto di fronte alla necessità di accettare la mia stessa miseria, la mia condanna, la mia stessa condizione di essere umano. Non c’erano nascondigli, buchi neri, zone oscure, pudicizie o ripostigli, non c’erano le vergogne, non i giudizi, non le menzogne, le nostre costruzioni: tutto è fuori, tutto è come è. Uomini senza gambe spingevano risciò, quelli senza mani vendevano frutta, quelli a cui era rimasto solo il busto chiedevano l’elemosina e si spostavano su un trabattino a quattro ruote.
«Le oscenità non erano più tali, non erano un tabù, la follia era palese e presente in tutti quelli che guardavano, che partecipavano. E così a Paharganj, in quei primissimi minuti, eravamo tutti senza braccia e senza gambe, tutti sporchi e in fin di vita, tutti poveri e affamati perché tutto era troppo pubblico e normale, non c’era spazio per l’accettazione, non c’era nulla da accettare. A Paharganj eri misero e malato come tutti.»

Scheda di approfondimento

Tutti gli anni, in India, all’incrocio di tre fiumi – uno dei quali è invisibile, secondo la tradizione – si celebra una festa religiosa alla quale prendono parte milioni di fedeli, il Kumbha Mela, il più grande raduno dell’umanità. In occasione delle celebrazioni, tutti gli anni, le Autorità nazionali e internazionali debbono rilevare la scomparsa di migliaia di individui, di cui si perde letteralmente ogni traccia. Il romanzo si ispira ad un’indagine della magistratura italiana. L’autore, un redattore della Mondadori e giornalista free lance, ne ha tratto il materiale per realizzare un viaggio, serio e documentato, nel cuore di tenebra di un Occidente che che ha fatto del controllo demografico una religione, rinfocolando per contraccolpo il mito della resurrezione dei corpi e della vita eterna. All’ombra di questo mito – reso sempre più efficace dai progressi della medicina e dall’orribile pratica di considerare i paesi meno sviluppati una riserva di materiale umano di cui disporre a piacimento – c’è chi è disposto a sacrificare la vita di altri esseri umani per la propria sopravvivenza, come le cronache dall’inferno del traffico degli organi, spesso sottovoce e di straforo, qualche volta ci segnalano.
Questo libro ha la forza, stilistica e filosofica, per mettere in scena nell’ordito di un romanzesco perfettamente congegnato, la sottile linea rossa fra il Bene e il Male che attraversa la coscienza e la storia di ognuno di noi, e per raccontarci un personale cammino di riscatto e di rinnovamento senza il quale l’appartenza al genere umano ci risulterebbe intollerabile.

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