Descrizione
«Nell’isba di Nikolaevka, con una scodella di zuppa in mano, tra i soldati russi ammutoliti, incapaci di sparare a questo italiano sporco e congelato e affamato, stipula con la Russia la sua pace separata (Rigoni Stern è il nostro Hemingway e il Sergente il nostro Addio alle armi: di questo Vittorini non si era reso conto, pensava di avere per le mani un reduce con un buon diario e invece aveva scoperto un grande scrittore).»
dalla Prefazione di Paolo Cognetti
Transeuropa ripropone in queste pagine una delle ultime e più intense testimonianze del grande scrittore di Asiago scomparso nel 2008. L’omaggio a uno dei “cuori pensanti” della letteratura italiana del secondo dopoguerra prende qui le forme di un inedito dialogo ad ampio raggio su tutti i temi cari al grande scrittore di Asiago.
Dalla viva voce di Rigoni, gli esordi con Einaudi il rapporto con Vittorini e Calvino, il “sistema delle lettere” in Italia dal ’70 a oggi, l’amicizia con Primo Levi, Emilio Lussu e Nuto Revelli, la ritirata di Russia e le conseguenze dell’11 settembre sulla scena politica e militare mondiale, il “caso Berlusconi” e il precedente di Mussolini, il significato della parola “patria” per uno scrittore, i compiti dello scrittore e le responsabilità dell’uomo verso la natura che lo circonda.
Una “breve storia del nostro futuro” struggente e a tratti quasi profetica.
«Difatti io dico sempre: spero di non morire sotto Berlusconi. Non per la mia età, perché potrei andarmene anche domani, ma per il fatto di avere un po’ di speranza sulla vita e sull’umanità. Direi che Berlusconi non è un uomo che dà speranza. Eppure, c’è una poesia di Garcia Lorca che di New York dice: “Voglio che un bimbo negro annunci ai bianchi dell’oro l’avvento del regno della spiga.” Perché a volte, vede, guardandosi intorno, si dice questo mondo economico dove tutto è virtuale, anche l’economia è virtuale… E allora a un certo punto diciamo: ci vorrebbe una grande crisi per ridimensionare questa cosa. Però, purtroppo, la grande crisi prende sempre di mezzo la povera gente… Ma piuttosto che una guerra, è meglio una grande crisi per stravolgere un po’ questo mondo, per metterlo sulla strada giusta, per far capire che non è più la borsa che deve governare…»
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