Metamorfosi del desiderio

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Descrizione

Il “sottosuolo” nasce con l’intento di separare l’«uomo buono e sensibile» del XIX secolo dall’homme de la nature et de la vérité. Ma non fa che duplicare a totalità rappresentata dall’altro. Il mondo di sotto è, in realtà, un’illusione, il riflesso di una «aspirazione ad imitare» impossibile da realizzare. Nella competizione persino l’astrazione dal desiderio serve a dimostrare superiorità all’«uomo d’azione», sia pure nella negazione. All’uomo del sottosuolo manca il «coraggio» del servo, l’umiltà della rinuncia salvifica, mentre l’atteggiamento signorile estremizzato lascia scorgere soprattutto amarezza. La fenomenologia del sottosuolo, che intreccia orgoglio mortale e paura vitale, fa apparire il doppio mostruoso di cui parla René Girard.
È l’incrollabile orgoglio, l’autocompiacimento nella «voluttà della disperazione» ad impedire il salto, la scelta per la vita? Il desiderio di vivere pienamente, senza scegliere e subire limitazioni è un desiderio romantico. Romanticismo politico di Carl Schmitt costituisce il filo conduttore e la chiave interpretativa del rifiuto delle regole, la spinta verso la negazione nichilista della vita, il destino di ogni romantico disilluso.
Nel percorso esistenziale e letterario di Dostoevskij Memorie dal sottosuolo segna l’impossibilità della scelta e apre alla questione della trascendenza, poiché rivela l’incapacità “autoredentiva” dell’uomo. A negargli la speranza soteriologica è proprio l’ostinazione sotterranea, la dimensione puramente razionale della mente. D’altronde il desiderio di «cavar la lingua di fronte al palazzo di cristallo» racchiude tutto il senso di annichilimento del “sottosuolo”, ultima enclave esistenziale protetta dalle ingerenze del positivismo.
Ma di fronte alla «neutralizzazione totale» operata nello «Stato tecnicizzato» – portato epigonale della filosofia positivista – il problema del chi decide diviene sempre più pressante. Chiunque abbia i mezzi tecnici per farlo è libero di annientare l’altro. Non è più possibile procrastinare la risoluzione del problema del potere, giacché la mancata rinuncia alla violenza condannerebbe il mondo alla fine.

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