Recensione a L’Apocalisse della Sfinge di Francesco Tigani

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Francesco Tigani è ricercatore attento e scrupoloso, oltre ad aver dato prova di essere un raffinato poeta, non immune da suggestioni mitomoderniste, è direttore di una collana di studi filosofici e letterari, “Bustrofedica”, per i tipi di Aracne. Già autore di una prosa filosofica di assoluto spessore teorico come L’oscuro argonauta (2022), torna in questi giorni a presentare uno scritto di filosofia, si tratta de L’apocalisse della sfinge (Transeuropa editore).

Il sottotitolo riporta “Tre corsi sulla filosofia antica”, una spia semantica che lascia pensare a un testo accademico o scolastico, un’impressione confutata fin dal primo approccio; il testo risulta essere un percorso all’interno della filosofia antica diviso in tre sezioni, (l’archeologia del vero, la fondazione del tempo, il gioco delle parti) nelle quali Tigani ordina autori e tematiche che hanno definito l’identità europea. Raggiunto telefonicamente, l’autore, racconta:

«Avevo una gran quantità di lavoro preparatorio fatto per le mie lezioni di filosofia, una volta ordinato sistematicamente si avvicinava ad essere uno studio monografico sulla filosofia antica. Dopo un po’ di tempo e di lavoro, l’ho portato a compimento nella forma attuale che puoi leggere».

Non ho alcuna intenzione di passare in rassegna le varie sezioni, ma tengo a mettere in risalto alcuni punti della filosofia che Tigani consegna a un pubblico specialistico e non.

Il primo aspetto da sottolineare è l’aver ricondotto la parola filosofia al suo specifico ambito, che è e rimane «uno strumento di conoscenza dell’uomo». Tigani precisa che questa parola oggi è abusata, ma soprattutto è usata a sproposito; per ogni ambito e materia c’è infatti ‘una filosofia’, per la cucina, per la casa, lo sport e via dicendo. Il suo ruolo e funzione vengono continuamente banalizzati e confusi con lo stile, se e quando esiste uno stile, o con una sorta di buon senso, di buoni consigli per il vivere.

La filosofia è invece un metodo rigoroso, ma non esatto, di conoscenza dei fenomeni naturali e non (metafisica), in alcuni casi è anche stata una prassi di vita con una rigida regolamentazione in cui lo studio e la presenza di una maestro erano fondamentali.

Sono evidenti nell’autore le influenze di pensatori come Michel Foucault e Friedrich Nietzsche, ne sono presenti tracce un po’ in tutto il testo, nei vari termini e tematiche che rendono facilmente evidenti chi siano gli autori di riferimento.

L’aver messo in relazione l’origine comune della filosofia con la medicina, ad esempio, riconducibile al concetto del farmaco (pharmakon), che come si sa in greco può significare sia «rimedio» che «veleno».  Così Tigani ci ricorda il testo J. Derrida La farmacia di Platone, in cui il filosofo francese segue l’evoluzione e la presenza del farmaco nei dialoghi platonici, in particolare nella figura di Socrate.

Allo stesso modo ci presenta l’etica epicurea con la nozione del «tetrafarmaco», in cui Epicuro «prescrive una cura mirata, basata su altrettanti antidoti (pharmaka): una medicina plurivalente chiamata “tetrafarmaco” che consiste nella consapevolezza che l’uomo disponga autonomamente dei rimedi necessari per guarire».

Filosofia come «cura dell’anima» quindi, e qui il ruolo di Socrate è fondante, con la sua maieutica, quella capacità di far nascere discorsi che con il dialogo possono avvicinarsi al vero; l’anima che è la parte nobile dell’uomo di cui è bene prendersi cura perché immortale, non finita e mortale come il corpo. Da qui la grande creazione platonica del mondo delle idee, l’ultraterreno, l’immutabile, che è il «rimedio» contro l’angoscia e la paura del divenire e del mutevole.

È questa l’impostazione di Emanuele Severino, ad esempio, che riconduce proprio la filosofia al ruolo di rimedio contro lo spaventevole divenire delle cose, secondo Aristotele infatti le essenze sono «ciò che è sempre salvo»  (Metafisica). Questa grande costruzione intellettuale del mondo delle idee, del demiurgo creatore e del percorso delle anime, verrà assunta poi, in modi diversi e tempi assai lunghi, nel cristianesimo con la sua visione del mondo, sia terrestre che celeste, per dirla con Mario Luzi.

Ed è proprio contro questo mondo irreale e ultraterreno che Nietzsche scaglierà il suo martello, arrivando a dire che il «rimedio è stato peggiore del male», dove per «rimedio» intende proprio la Metafisica intesa come l’ultraterreno, il trascendente, che egli considera falso e bugiardo.

La grande tradizione Occidentale dell’epistème, come «ciò che sta fermo», che posso arrivare a comprendere è dovuta a Eschilo, un poeta tragico, ma anche filosofo, secondo cui l’episteme è condizione di felicità per l’uomo.

Altri nomi si prenderanno la briga di confutare un tale assunto, ma non rientra nello spettro temporale dell’Apocalisse della sfinge di cui Tigani è un sapiente nocchiero.

Buona lettura.

Articolo di Emiliano Ventura su Today del 19.04.2024

L’apocalisse della sfinge
Francesco Tigani
Transeuropa Edizioni
ISBN: 9791259901637
pp. 176 – 18,00 €

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